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CASO COSPITO E 41 BIS

 

Lo sciopero della fame praticato dall’anarchico Cospito ha provocato un dibattito acceso sul regime penitenziario del 41 bis.

L’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario, introdotto dalla legge Gozzini nel 1986, attuato su larga scala  dal 1992 nei confronti dei soggetti imputati e condannati per mafia e terrorismo, prevede una serie di severe limitazioni per i detenuti che vi sono sottoposti.

Divieto di incontrare ed entrare in contatto con i parenti più di una volta al mese, divieto di lettura di libri e giornali, due ore d’aria al giorno in compagnia di un altro detenuto compiute in luogo chiuso, intercettazione delle lettere inviate e ricevute, controllo dei movimenti tramite apposite telecamere.

La detenzione si svolge in una cella singola, esplicito il divieto di  incontrare i cosiddetti “ comuni “, la sorveglianza spetta ad un corpo speciale di polizia penitenziaria.

L’aspetto più afflittivo di tale condizione consiste nelle numerose perquisizioni diurne e notturne delle celle, l’odiosa ispezione rettale a cui i detenuti sono sottoposti, il divieto di consumare determinati cibi o affiggere in cella fotografie dei propri  cari.

Non sono rari gli episodi di violenza praticati dalle guardie sui detenuti.

La finalità dichiarata di tale regime speciale di prigionia è la necessità di interrompere ogni rapporto con le organizzazioni criminali di appartenenza, lo  scopo surrettizio  è un altro, fiaccare la resistenza del detenuto ed indurlo ad una collaborazione con l’autorità giudiziaria per accedere ai benefici di leggi previsti per i collaboratori di giustizia.

Una sofferenza aggiuntiva, prorogabile per l’intera durata della pena da scontare, cumulata con la condanna emessa dai tribunali e dalle Corti, che viola qualsiasi principio di rieducazione della pena previsto dalla nostra Costituzione all’art. 27, co. 3.

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